L’allevamento transumante
fu comune in tutta l’Italia, ma già prima dell’epoca romana (118 a.C.) in
quella meridionale e in particolare in Abruzzo e Molise, raggiungevano le zone di pascolo estivo, mentre in
Campania
e Puglia per il pascolo invernale. Fu
resa obbligatoria per armenti superiori ai 20 capi, all’epoca della dominazione
Aragonese ove durò dal (1447 al 1806) istituendo “ la Regia Dogana per la Mena delle Pecore
” ed ebbe come prima sede Lucera (FG).
Per impedire abusi, a
guardia dei passi della Dogana, erano
preposti dei – cavallari -. Un fenomeno che coinvolgeva diversi milioni di
capi di bestiame, tanto che all’inizio del 1600 si registrarono nella Dogana circa 5 milioni e mezzo, in maggioranza ovini e prendeva il nome di
transumanza alla cui organizzazione
finanziaria amministrativa e giuridica provvedeva la Regia Corte. Come i “
locati “ chi aveva preso in fitto i pascoli della Regia Corte erano registrati
e concessi molti privilegi - un abbonamento annuo per transitare e pascolare i
greggi e gli armenti nel luogo assegnato, la vendita dei prodotti della
pastorizia – lana, formaggio,agnelli, capretti ecc. Iniziava intorno all’8 Maggio dove convenivano commercianti di
tutto il Regno e anche da alcuni paesi europei -.
La transumanza, specie quando il suo volume di animali era
notevole, come quella che spostava tra l’Abruzzo e
la Puglia alcuni milioni di pecore, aveva bisogno di strade molto larghe che potessero fornire l’alimento
per tanto bestiame durante il viaggio, che durava in media due settimane.
La
transumanza si eseguivano sui tratturi regi la cui larghezza raggiungeva 60
passi napoletani, (pari a metri 111); i tratturelli e i bracci di collegamento
della larghezza di circa 30 passi, variavano dai 20 ai 38 metri. Tra distanze intermedie, occupavano posto i “ riposi della transumanza” vasti spazi erbosi per la
sosta degli animali, dove si poteva riposare,eseguire la mungitura, la
quagliata, la tosatura, vicini a corsi d’ acqua corrente, esposti a mezzogiorno
e riparati dal vento. Di solito il riposo, si trova a lato del tratturo, dove
in precedenza i “ butteri” avevano rimediato
trasportare con animali da soma, di solito muli, le reti per la recinzione dell’area di sosta, le pentole
per la caseificazione del latte, altre masserizie, alimenti vari per il
sostentamento dei transumanti, l’approvvigionate della paglia per il giaciglio
notturno e per accendere il fuoco per fare il formaggio e la ricotta, per
cucinare. Nel terreno si scavano delle buche a distanza misurata, per lasciare
lo spazio necessario per tutti per accendere il fuoco e più in là erano
piantate le reti tese per gli animali, di cui una più grande, doveva servire
per la mungitura, ed era fatta con corridoi paralleli con un’imboccatura a imbuto,
dove si sedevano i pastori addetti alla mungitura stringendo fra le ginocchia
il secchio per contenere il latte.
Si rifacevano il
formaggio e la ricotta, quello della sera era distribuito per il pranzo per
tutti, si riempivano le scodelle di legno che ognuno portava con sé, qualche
sera si mangiava anche la carne di qualche pecora vecchia che non riusciva più
a stare al passo. I butteri la cucinavano nell’acqua senza condimento,
aggiungendo del sale e della cipolla, divenendo un pranzo prelibato per i
pastori. Poi ognuno preparava il proprio giaciglio con un po’ di paglia e foglie sopra la nuda terra, ci si copriva con un vecchio pastrano e per
ripararsi dalla rugiada si aprivano gli ombrelloni che durante tutto il giorno si portavano a tracollo sulle spalle legati
da una funicella. Tutt’intorno dalle tenebre della notte, si udiva solo il
rumore delle pecore, l’abbaiare di una morra di cani posti a guardia e l’occhio
vigile di un pastore a turno controllavano il tutto. Le soste nei riposi non potevano
protrarsi oltre il terzo giorno, dopo di
che iniziava la lenta marcia per le vie erbose che conducevano verso i pascoli.
In testa muli e
asini stracarichi, il massaro, il casaro
e il capo buttero, montavano
normalmente cavalle e si distinguevano da tutto il resto della carovana perché
la precedevano come dei comandanti in
marcia.
Le greggi dovevano procedere a - mazza battuta -, senza interruzioni o fermate, in modo che prendendo solo quell’erba che era possibile, ne lasciava ai greggi che seguivano. Il personale che accompagnava
le greggi, a volte formato da un unico nucleo familiare era inquadrato secondo un’antica
gerarchia.
Il massaro di pecore, alla cui dipendenza
e con incarichi di guardiani c’erano i
pastori ed i pastoricchi aiutati da grossi cani bianchi che si disponevano
durante i trasferimenti in testa e ai lati del gregge detti pure
(cani conduttori e fiancheggiatori).
Nel passato per la transumanza degli animali, per ogni 1.000 pecore si riteneva necessario dai 7
ai 10 pastori, ai quali
andavano aggiunti gli altri addetti. Ogni impresa di 15-20 mila
capi impiegava non meno di 150-200 persone, e per il complesso di 2 o 3 milioni di pecore transumanti si
calcolavano 20 - 30 mila addetti, oltre quelli impiegati alle imprese minori e di
altre Province. Durante il governo aragonese e precisamente nel 1604, l’industria
transumante interessava non meno di 5 milioni e 5oo pecore,registrate nella
Regia Dogana di Foggia.
Più recentemente, al censimento del 1871,
nelle province pugliesi, nel Molise e nella provincia de l’Aquila si contavano
circa 23 mila mandriani, pastori, pecorai, caprai ecc.
Dagli
antichi documenti della Regia Dogana, si può desumere che la rete tratturale non fu
sempre la stessa, ma venne modificandosi attraverso i secoli con il mutare
delle esigenze fino a raggiungere una sistemazione definitiva tenuto conto
delle frequenti usurpazioni. Un primo elenco di tratturi, si trova in un documento
del 1533 che ne
riporta sette, tra questi, anche quello che attraversa il territorio della
nostra Valmiscano ” lo
tratturo che cala per lo contado de Molise verso Sancto Bartolomeo de lo Galdo,
Casa larbore, Ariano, Monteleone, et cala a la Rocchetta a Lacidonia et ad
Candela” – oggi il Pescasseroli-Candela -. E’
lungo 211 chilometri, e largo in alcuni tratti fino a 60 passi napoletani. I pastori il Tratturo lo attraversavano due volte l’anno; in primavera quando dalla Puglia conducevano le greggi in
Abruzzo, e in autunno, quando le greggi venivano ricondotte in pianura; i
due viaggi coincidevano con il periodo della festa si San
Michele, il Santo della transumanza che si festeggia, non a caso, due volte l’anno, l’8 maggio e il 29 settembre. Il tratto che attraversa la Campania è lungo
circa 90 chilometri, inizia nella
località Colle San Martino territorio del Comune di Sassinoro (BN), prosegue per le
valli del Tammaro,Fortore, Miscano e del
Cervaro, terminando nel territorio di Zungoli (AV). Sul tratto campano possiamo ancora ammirare il - Tratturo – tratturelli e bracci, le taverne, le poste
doganali, ( erano tre, una a Buonalbergo sul lato basso Sannio, a
Casalbore lato Miscano/Fortore e l’atra a Greci, lato Cervaro – Dauno), siti archeologici, di (Bebio , Tempio Italico
S.M .dei Bossi, la Starza, Aequum Tuticum) necropoli dei Sanniti, grotte
Micaeliche, vie e ponti dei Romani, riposi e stazzi della transumanza (Santo
Spirito Casalbore), fontane e croci viarie della transumanza (Casalbore),
mulini ad acqua, masserie fortificate, chiesette rurali, castelli e torri.
La via
del Tratturo con i periodici passaggi per il nostro
territorio è stata un elemento cardine attorno al quale si è plasmata la
storia, l’integrazione di culture, le tradizioni, le tecniche di costruzione,
manifatturiere e tessitura, il linguaggio, il vestiario, un percorso di un
contenitore di una cultura antica di notevole
interesse, si trova a costituire la cosiddetta “ civiltà
del Tratturo”, dove il
prezioso patrimonio non tutelato rischia
di scomparire con l’avvento della modernità.
Bibliografia: Progetto itinerari Turistici Campania interna, Itinerari Tratturo Pescasseroli - Candela, Le lunghe vie erbose (testo a cura Masseria Sant’Elia - G. Resce )
http://it.wikiloc.com/wikiloc/user.do?id=626511